Un'italiana normale
Marina Berlusconi è un’italiana straordinaria (nel senso letterale del termine) ma che nell’intervista al Corriere della Sera si pone come un’italiana ordinaria, normale, maggioritaria in un Paese che mass media e partiti tendono invece a spaccare in due: questo in virtù di un bipolarismo che semplicemente non c’è, o meglio, non c’è sui cosiddetti «diritti civili», i quali mass media e partiti tendono invece a prefigurare come iper-divisi: una narrazione equivoca e strumentale.
Il bipolarismo che c’è, e vivaddio, è quello che ci porta a votare a destra o a sinistra alle elezioni, e che nel caso di Marina Berlusconi le ha fatto dire che il governo di Giorgia Meloni ha sempre rispettato le regole democratiche e in politica estera ha mantenuto la barra dritta su posizioni europeiste e filoatlantiche.
Il bipolarismo che c’è, per dirla col sociologo Luca Ricolfi, è anche quello delle «idee di sinistra che sono migrate a destra» in uno scambio della base sociale, coi più poveri e gli operai che votano a destra e i più abbienti che votano a sinistra, con l’asse Conte-Schlein che privilegia l'inclusione degli irregolari che schiacciano al ribasso i salari popolari e che, a forza di includere, bloccano l’ascensore sociale. Ma è un altro discorso.
Sui diritti civili, Marina Berlusconi ha detto che «se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso… si torna alla questione su cui non credo si possa arretrare di un millimetro: la questione della libertà». Qui il paradosso del bipolarismo all’italiana viene fuori tutto.
Da una parte perché, storicamente, la destra privilegia appunto la libertà e il valore individuale, mentre la sinistra privilegia i beni comuni e il benessere collettivo; ma, dando per superato questo schematismo, ci soccorrono infiniti studi e sondaggi secondo i quali la maggioranza degli italiani è trasversalmente divisa (e maggioritaria tra destra e sinistra) su aborto, fine vita, diritti Lgbtq, suicidio assistito, coppie di fatto e divorzio breve.
Su certi temi è sempre stato così (il 75 per cento degli italiani è favorevole alla Legge 194, anche se il 90 per cento ritiene che si possa migliorare) mentre su altri temi c’è stato un cambiamento forse influenzato da fatti di cronaca. Basti che i favorevoli all’eutanasia sono passati dal 55,2 per cento (2015) al 59,9 per cento (2016) al 73,4 per cento (2019) sino a percentuali oggi superiori.
Questo non significa che manchino delle sacche oltranziste a destra e a sinistra (un certo mondo Prolife, alle elezioni del 2022, propose che il centrodestra si presentasse come coalizione anti-aborto) ma il punto vero è come il dibattito sui diritti civili viene presentato dai mass media e come i partiti lo snobbino o cerchino di cavalcarlo.
Esempio, domanda: Giorgia Meloni è sfavorevole alla legge 194? Ma neppure per idea.
Tuttavia i talkshow, a margine di fatti di cronaca, tendono a invitare politici baciapile che urlano al nazismo eugenetico in contrapposizione a gente che estinguerebbe l’umanità per motivi ambientali, mentre i giornali sono da sempre convinti che certi temi «non spostano voti» e siano laterali: come se la vita e la morte non facessero parte dell’attualità di ogni giorno, come se centinaia di migliaia di italiani intanto non avessero fronteggiato il problema del fine-vita di familiari o amici, questo mentre l’opinione pubblica ancora ricorda il caso Welby o il caso Englaro o altri casi risolti solo grazie all'aiuto della benemerita Associazione Coscioni di Marco Cappato.
Ecco, Marco Cappato, un altro pazzo che rischia l’arresto (l’Italia ha bisogno dei pazzi per spuntare una legge, buon ultima tra le nazioni occidentali) mentre noi ciarliamo di principi ma le leggi non le facciamo: noi lasciamo che le sentenze della Corte Costituzionale occupino spazi che la politica, per non sbagliare e non indispettire nessuno, lascia dolosamente scoperti. E gli italiani? S’arrangiano. Come sempre.
Filippo Facci
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