SATURDAY NIGHT FEVER #0 - La Recensione

Per Evita Schwarz la verità non può mai essere dolce o delicata. Cosa aspettarsi dunque da Saturday Night Fever? La testimonianza tagliente, ironica e mai compiaciuta di una devozione nei confronti dell’arte in tutte le sue impercettibili sfumature.

Oggetto: Time dreaming itself, a cura di Matteo Mottin @ Barriera (Torino).

L'ho trovata una brutta mostra. Anzi, ad essere sincera non ho visto alcuna mostra. Ho visto quattro lavori (anzi cinque). Ho visto che erano mal disposti e che erano illuminati come se fosse andata via la corrente. Ho pensato che se in questa decisione ci fosse stata un po' di coerenza con la scelta dei lavori avrebbe addirittura potuto funzionare, ma invece no e ho pensato "Peccato". Poi ho visto un bussolotto invasivo coperto con un lenzuolino. Non ho voluto approfondire per capire se era lui a fare il noise che accompagnava la visione dello spazio di Barriera, ma diciamo che il problema non era di certo solo quello. Entro dunque più nello specifico. Per farlo mi aggrappo allora al testo di Mottin scritto nel catalogo, sperando di capirci qualcosina di più, di essermi persa qualche dettaglio. Sono speranzosa. Mi si dice che i lavori sono messi in risonanza con le mostre che lo spazio ha ospitato in passato. Mh. Purtroppo non capisco in che modo. A me lo spazio è parso intonso come se quella fosse la prima mostra che vi veniva fatta. Tanto più con quella luce mi chiedo che cosa dovevo capire? Ma procediamo. Poi, sempre nel testo, si parla del noise. Questo argomento però lo tengo per il gran finale. :)

Passiamo dunque ai lavori. Cerco di capire questa protuberanza della Bassi. La guardo. Le vado vicino. Non alla Bassi. Al lavoro! Mi allontano. Guardo tra essa e il muro. Passo al testo e incontro una di quelle spiegazioni piene di aggettivi che ti fanno dire a fine paragrafo "Ah però!», ma che poi se ti fermi un secondo e ci pensi non c'hai capito ‘na mazza e devi andare a rileggere. Infatti rileggo. La verità è che mi pare un esercizio di stile post internettiano, tra l'altro un pochino invecchiato da questo discorso legato all'architettura. O meglio, mettiamola così, in questo caso specifico un’operazione mal riuscita. Troppi pochi soldi? Bah. Comunque mi è venuto da chiedermi un lavoro così, se non viene presentato in maniera ineccepibile, se abbia senso di essere guardato oppure no. E poi subito dopo mi son chiesta, tra l’altro, e da dove? Come se mi mancasse la stellina sul pavimento come negli studi televisivi per sapere dove mettermi e la lucina rossa che mi dicesse in che direzione guardare. [Buona questa della stellina sul pavimento! Magari la uso. Oh! Mia eh!] Ma tornando alla Bassi ho trovato molto meglio la versione milanese del pavimento di The Art Markets o i lavori da Charlie… ma comunque, a fasi alterne, quando non mi lascio affascinare dall'idea della prospettiva distorta che un po’ mi piace,  mi viene da chiedermi so what? Ancora nessuna risposta.

Passiamo a Gabriele, che mi sta molto molto simpatico e che credo sia molto intelligente. Motivi per cui penso possa cogliere la mia "critica" al suo lavoro. La fallibilità di questa operazione mi interessa molto e anche la critica velata al sistema (che capiamo solo noi dell'arte, ma va bene così). Detto ciò il lavoro di Gabriele mi ha ricordato un po' troppe cose (inutile nominare gli Invernomuto), ma - c'è un ma -  la finta pisciatina sul retro l'ho trovata una splendida trovata (nel senso buono del termine). Funzionava da dio. E se solo non avessi la sensazione che l'ha già fatto quasi sicuro qualcun altro io Gabriele fossi in te ci farei seriamente un pensierino e mi specializzerei su questa cosa delle finte pisciatine, perché se mi sbaglio e non l'ha già fatto qualcuno, io sarei davvero bramosa di vederne un'altra tua! Chessò, mi ti immagino già sul muro e sul pavimento di un angolo tipo della Sandretto. Ahhh! Libidine!

Prossimo: caso Siedlecki. Anche qua c'è un amicizia di fondo e anche un sacco di discussioni precedenti. Con Siedlecki c'è - secondo me - un problema definibile con un termine relativo alla sfera sessuale. Per me l'arte è una questione erotica e un po' orgasmica, quando ben fatta, e qua - sempre secondo me - il problema è che il Siedlecki soffre di eiaculazione precoce (figurativamente parlando eh!). Ha la smania di realizzare i lavori prima ancora che il pensiero del lavoro sia veramente compiuto e "sforna" come un adolescente in piena fase ormonale a qualunque ora del giorno e della notte. Il guaio è che poi - a differenza dell'adolescente - Siedlecki ci sottopone pure i risultati, che non sempre sono fantasmagorici. Ora, la secchezza del Siedlecki è una cosa che apprezzo sempre molto e in parte anche questo misto tra mistero e ovvietà che è sempre presente nei suoi lavori. Ammettiamolo, il ragazzo è molto coerente, però Cristo santo! Quei due cazzo di cavalletti non si possono vedere e non ci portano da nessuna parte nonostante la favoletta del tavolo antico (che poi, siamo sicuri che non sono tutte palle?). E mi piace il discorso sul tempo eh! Ma il problema è che se ti davi tu, Siedlecki, il tempo di lavorare bene su questa materia in maniera un po' più approfondita, forse potevi arrivare a dare a noi un orgasmo più soddisfacente invece che pensare sempre e solo al tuo! Insomma. Io per Siedlecki ho sempre lo stesso consiglio: studiare meno sulle opere d'arte altrui e di più sui libri quelli senza le immagini preferibilmente. Perché ok che "nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma" ma a un certo punto io credo anche che tutto si esaurisca e che le idee a volte diventino stanche e che questo si veda. Tradotto: non ci fotti. Perché la furbizia, per quanto sia un dono invidiabile nell'arte – capace di portare a fare molti step in avanti e molto in fretta anche – poi (se non sai starci dietro) rischi che ti lasci in stand by. Ovvio, questo se non hai già una notorietà tale per cui qualunque cazzata che sputi sia una considerata una meraviglia. E forse tu, Siedlecki, in effetti, purtroppo mi sa che ce l'hai. Ah! Poi c'era "Ax". Vedi, quello era molto bello. Molto ben fatto. Funzionava e forse funzionava proprio perchè ad assemblarlo non è stato Siedlecki, che in genere arrabatta un po’ troppo per i miei gusti, mentre Mottin è uno invece abbastanza meticoloso su queste cose (traspare l'ingegnere che c'è in lui). Comunque qui bravo, bravi entrambi. Questo è un bel lavoro! Quanto alla menata sul fatto che il lavoro era già stato lì invece non ho dato proprio nessun peso. Bla bla bla. Irrilevante. O meglio, curiosità non degna di un paragrafo nel catalogo di sicuro. Un aneddoto. Ecco. Nulla di più.

E eccoci giunti al pezzo forte. Matteo Mottin! Ciao! Allora, quando mi hai detto di questa mostra mi hai detto che era un esperimento per te, per capire se volevi fare il curatore oppure no. Bene. Matteo, ho una notizia per te. Anzi ne ho due. Una buona e una cattiva. Parto con la cattiva. No. Secondo me non puoi fare il curatore. Per certi versi sei troppo naif per questo mestiere e non si può essere naif quando ci si deve prendere cura delle opere, del lavoro degli artisti, dello spazio e di un concept. Sono troppe cose e io, che sono una vera cagacazzo, me ne accorgo quando una di queste cose viene a mancare e mi basta a mandare a puttane tutto. Ecco, in questa mostra a voglia se ne mancavano. Vogliamo dire che lo spazio di Barriera non è facile? Diciamolo. Ok. Ma purtroppo al di là di questo la mostra, come dicevo all'inizio, non era una mostra. I lavori stavano assieme per miracolo. Anzi forse non stavano assieme per nulla. Mi sono sembrati dei bambini timidi al primo giorno di scuola. Ognuno nel proprio angoletto, come se non avessero nulla da dirsi. E è vero, era vuoto (come piace a me) ma non gli hai dato nessun potenziale a quel vuoto, cazzo!

MA - c'è un ma - nella mostra c'era una sorpresina. Il rumore di fondo – guarda un po'! – era proprio opera del Mottin stesso! Ma allora io mi dico: Mottin? Sei proprio sicuro sicuro che volevi vedere se volevi fare il curatore? Perché secondo me, sotto sotto, celato celato, c'era invece il desiderio recondito di dimostrare che invece "lo potevi fare anche tu", l'artista! E allora eccoti la good news. Maybe – sai che c’è? – you can! Ora, è un lavoro comunque un po' vecchiotto e c'hai ancora un sacco di lavoro da fare, ma io credo che intervistare la gente stia fungendo per te da PhD in Arti Visive. È una gran cosa eh! E mi piace molto questa scoperta! Detto ciò voglio solo fare la zia in una cosa un attimo e dirti una robetta all'orecchio. Non lo credo eh, perchè te sei uno che studia sul serio – non come quel pigrone là – ma occhio a non fare l'errore di Siedlecki. Non farti vincere dalla furbizia e continua a lavorare sodo e a studiare. Non vedo l'ora di vedere il tuo prossimo lavoro Mottin! Sul serio. Oh, è tutto. Per ora. Spero di non essermi persa nessun punto. Non odiatemi. Quello che faccio è davvero in buona fede. Giuro!

Baci.

Evita Schwarz