Riforme, comfort zone, cambiare

Riforme, comfort zone, cambiare

Titolo come i menu degli stellati.

In una discussione con Berlusconi, Travaglio a un certo punto tagliò corto dicendo “guardi, facciamo prima a elencare quello che ha fatto in 20 anni di governo: nulla, infatti non c’è neanche una riforma che porti il suo nome.”

Questo punto delle riforme per me è un’incognita. È un dato di fatto che a ogni campagna elettorale tutti i partiti parlino ossessivamente di riforme e di cambiamento, quindi il criterio identificato da Travaglio sembra giusto: non hai fatto riforme, sei stato un politico inutile - secondo le premesse elettorali.

Il dubbio è se queste premesse e promesse siano realmente desiderate dagli elettori, in particolare elettori di un paese del primo mondo. La domanda è: veramente gli italiani non vedono l’ora che salga un partito a riformare completamente l’esistente? Non sarebbe già un risultato ragguardevole, per un governante di un paese del primo mondo, non peggiorare troppo la situazione o addirittura tirare stabilmente a campare?

La scontentezza è una passione strutturale dell'esperienza umana, basilare, angolare. Pensare di impostare un programma politico sulla costante scontentezza, pensare di reinventare la società da zero a ogni giro elettorale sperando che stavolta venga incredibilmente meglio che dopo alcuni millenni di lento adattamento: sono queste idee da persone adulte?

Sono idee che applichiamo a noi stessi nelle nostre vite? Sarebbe come licenziarsi veramente ogni volta che pensiamo di aprire un chiringuito in Abruzzo o fondare un giornale a L’Avana. Grazie a Dio non lo facciamo noi, non lo fanno gli stati, non lo fa Berlusconi. Ogni tanto qualcuno lo fa, cioè fa una riforma, e magari a volte riesce anche a migliorare le nostre vite. E ben vengano questi eroi, grazie, prego. Ma da qui a dedurre che uno “non ha fatto niente per l’Italia” dal mero fatto che non ci siano riforme col suo nome, forse è un po’ troppo.

Un po’ come quelli che dicono dalla mattina alla sera che “bisogna uscire dalla propria comfort zone”.

Vittorio Ray, Il tuffatore