LISBONA
C'è un'ora, c'è un'ora precisa
che un migliaio di persone sta per uscire per strada.
C'è un'ora, vero le sette e mezza del mattino,
che un migliaio di persone sta per uscire per strada.
Siamo nell'anno di grazia del 1946,
a Lisbona, a uscire per strada.
Usciamo? Ma sì, usciamo!
Usciamo: persone tutte uguali, gente-gente, occhi, nasi, bocche,
gente felice, gente infelice,
un banchiere, cassieri disoccupati,
sarti, telefoniste, venditrici,
gli uni con gli altri, gli uni addosso agli altri,
tossendo, sorridendo, aprendo i soprattutto,
passando per i bagni pubblici prima di prendere l'elettrico,
gente in ritardo in relazione al traghetto per Barreiro
che infine ancora là sta, fischiando stridentemente,
gente in lutto, normalmente silenziosa,
ma obbligata a parlare al vicino di fronte
sulla piattaforma veloce dell'elettrico in marcia,
gente educata al seguito di funerali,
e una madre triste che accetta due dolci per la sua bambina.
In un'ora, tutto questo: Lisbona e molto di più.
Umanità cordiale, insomma,
con tutte le conseguenze
di tutto questo,
uscire per strada.
E io?
Io, niente.
Io, io, è chiaro...
MARIO CESARINY, Louvor e simplificação de Alvaro de Campos, Nobilíssima visão
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