le giornate veramente belle
alzatomi alle sei dopo una notte praticamente insonne, cerco di ricomporre la mia immagine ma essendo molto ingrassato rompo il bottone dell'ultimo pantalone di giacca che mi andava e non potendo ormai rimediare (benchè mi ripeta da mesi che devo comprare dei vestiti) sono costretto a mettere un jeans nero per cercare almeno di apparire di un solo colore. scovo inoltre una camicia di aspetto ancora abbastanza signorile, benchè non stirata, e anche qui non avendo tempo decido di indossarla comunque con un opportuno cravattone, che dovrebbe coprire buona parte del tessuto ancora visibile.
prendo un treno, dopo tre ore prendo una metropolitana, raggiungo gli uffici, giro per due ore facendo varie file, molte delle quali inutili perchè tanto le carte non si trovano, o sono archiviate chissà dove, e comunque i miei solleciti cadono su un'amministrazione della giustizia oberata di pratiche da smaltire, a migliaia, a milioni, quindi nella migliore delle ipotesi se ne parlerà tra anni.
alle 12 incontro i miei interlocutori, che hanno un aspetto stazzonato quanto il mio. è chiaro che nessuno si aspetta niente da questo incontro, che anzi l'incontro è del tutto inutile, se non controproducente. ciò non pertanto, mi esibisco per qualche minuto in una disamina competentissima, salvo alcuni minimi particolari che, ormai già lo so, tra tre anni, quando il covone di letame sarà maturo, si riveleranno fondamentali, e la loro sottovalutazione esiziale. i miei interlocutori parlano pochissimo: non solo non hanno intenzione di risolvere questo problema bonariamente, ma con tutta probabilità non sanno neppure di che si tratta.
costoro, per altro, sono due donne, di cui una circa della mia età, per cui sfodero il mio sguardo seduttore, che è praticamente una maschera di fatica (senza lavoro: fatica gratuita), che dovrebbe intenerire: il che in parte avviene, perchè qualche minima richiesta viene accolta (era del resto dovuto) e il prossimo incontro fissato a breve (il che non era dovuto, essendo noi in questo campo rimessi alla sovrana volontà dello stato, che non ha bisogno neppure di spiegarsi).
esco dalla stanza pensando che in un certo senso ho avuto successo: sono riuscito cioè ad ottenere un nuovo rinvio a breve, anche se quasi certamente sarà del tutto inutile. è anche vero però che di più (o di meno) non avrei potuto ottenere, ed è con questa contraddittoria considerazione in mente che riprendo la metro, mi faccio stropicciare nuovamente da negri, turisti, cingalesi, un tizio vestito da superman, finchè non arrivo alla stazione e riesco anche a consumare un lauto panino di mcdonald prima di riprendere il treno. nelle successive tre ore leggo scaccolandomi un libretto sull'uso della punteggiatura che ho comprato così, a capocchia, mentre i miei vicini di posto dormono e quelli posti sull'altro lato (un anglosassone a piedi scalzi e una orientale molto scura, direi una cinegra) stanno stravaccati e a intervalli di un quarto d'ora si scambiano qualche frase in una lingua incomprensibile, un misto di inglese e di infernali dialetti cinegri.
questi due tizi però mi danno un certo conforto, non so perchè. giunti a destinazione, che è anche l'ultima fermata, invece di scendere restano stravaccati e hanno tutta l'aria di voler continuare così. sceso, resto per alcuni minuti a guardarli dal finestrino e penso che forse il treno ripartirà tra poco portandoli indietro, e che questo loro inutile andare su e giù non è poi troppo diverso dal mio. immaginixmasse/artsy/colazione_morte.jpg
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