La Letteratura
Cose come il fantastico mondo di Amelie sono anche carine, ma sono parziali, sbilenche, asettiche: i cuscini sono sempre a posto, Amelie non va mai al cesso.
Chi va al cesso spesso è Benigni, che però è ancora più falso, con lui la merda profuma.
Del resto risulta essere irrimediabilmente volgare tutto ciò che è umano, perché l'uomo ha vergogna della sua condizione, sa di essere ridicolo, e che ovunque arriva l'umano, là è il ridicolo.
L'emozione particolare dell'umidità femminile, o la forza vitale dell'erezione maschile, a scriverne è un po' sempre come parlare con la bocca piena, o vomitare ubriachi sulle scarpe di uno sconosciuto: se le cose sono come sono non è colpa nostra, però l'interlocutore ne è urtato (e vale anche in questo preciso momento per questo specifico brano).
La letteratura dovrebbe essere verità, ma quando la verità diventa letteratura, ecco che non è più verità, come in Lisbon Story Wim Wenders teorizzava che un'immagine ripresa in quanto scelta, e quindi già vista, diventasse per questo automaticamente disonesta.
Un esempio è questo brano di Andrea Pazienza:
Intanto so di non essere un genio. Perché sì, lo confesso, da ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. [...] Ora che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso e quindi saluto volentieri gli amici che mi sono rimasti qua e là nelle città. Le amiche soprattutto. Di me, volendo, si può dire tutto il male che si vuole, però tante di quelle cose non sono vere. Capisco viceversa la delusione di qualcuno quando si è accorto che il fumettaro per cui tifava altri non era che il fesso di cui sopra. Ora, naturalmente, che sono fesso me lo posso dire io da solo, perché sono sempre in grado di stracciare il novanta per cento dei vostri.
Sì, sembra essere una cosa onesta, e sincera, e bella, ma in realtà è solo un topos letterario basato (e stra-abusato) sull'estremo abbassamento-innalzamento dell'umana condizione, il "sono un genio ma nessuno lo sa" di Bukowski, il re del mondo che sopravvive nella mansarda o nel retro della tabaccheria di Pessoa, ecc. ecc. perché tutti ci sentiamo comunque degni di vivere e di sentirci amati.
La letteratura invece non dovrebbe essere niente di tutto questo, ma permettere di volare sopra le nuvole, e guardare il sole esattamente com'è.
Chi va al cesso spesso è Benigni, che però è ancora più falso, con lui la merda profuma.
Del resto risulta essere irrimediabilmente volgare tutto ciò che è umano, perché l'uomo ha vergogna della sua condizione, sa di essere ridicolo, e che ovunque arriva l'umano, là è il ridicolo.
L'emozione particolare dell'umidità femminile, o la forza vitale dell'erezione maschile, a scriverne è un po' sempre come parlare con la bocca piena, o vomitare ubriachi sulle scarpe di uno sconosciuto: se le cose sono come sono non è colpa nostra, però l'interlocutore ne è urtato (e vale anche in questo preciso momento per questo specifico brano).
La letteratura dovrebbe essere verità, ma quando la verità diventa letteratura, ecco che non è più verità, come in Lisbon Story Wim Wenders teorizzava che un'immagine ripresa in quanto scelta, e quindi già vista, diventasse per questo automaticamente disonesta.
Un esempio è questo brano di Andrea Pazienza:
Intanto so di non essere un genio. Perché sì, lo confesso, da ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. [...] Ora che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso e quindi saluto volentieri gli amici che mi sono rimasti qua e là nelle città. Le amiche soprattutto. Di me, volendo, si può dire tutto il male che si vuole, però tante di quelle cose non sono vere. Capisco viceversa la delusione di qualcuno quando si è accorto che il fumettaro per cui tifava altri non era che il fesso di cui sopra. Ora, naturalmente, che sono fesso me lo posso dire io da solo, perché sono sempre in grado di stracciare il novanta per cento dei vostri.
Sì, sembra essere una cosa onesta, e sincera, e bella, ma in realtà è solo un topos letterario basato (e stra-abusato) sull'estremo abbassamento-innalzamento dell'umana condizione, il "sono un genio ma nessuno lo sa" di Bukowski, il re del mondo che sopravvive nella mansarda o nel retro della tabaccheria di Pessoa, ecc. ecc. perché tutti ci sentiamo comunque degni di vivere e di sentirci amati.
La letteratura invece non dovrebbe essere niente di tutto questo, ma permettere di volare sopra le nuvole, e guardare il sole esattamente com'è.
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