L'Italia e la modernità godibile
Daniele Balicco, che è bravo, ha curato questa indagine sul *Made in Italy e l’identità culturale italiana oggi*. La tesi è semplice: Nonostante la nostra crisi d'identità, nonostante il bisogno di raccontarci come i campioni del mondo di #degradomorale, nonostante la cantilena del *Paese mancato* sciorinata sui libri di scuola pasolinizzati, negli ultimi quarant’anni l’Italia ha costruito un’immagine di sé come *modernità godibile*. Un’immagine che risponde a quello che ci chiedono gli altri (uno stile di vita rilassato, elegante, edonistico, sotto il sole col prosecco, i faraglioni, Prada e Jep Gambardella sbracato sull’amaca). Ma anche l’immagine di un’alternativa italiana alla *competizione capitalistica*, di una resistenza di qualità alla *standardizzazione globale* e alla *severa razionalizzazione* delle società più avanzate. Quello che non mi convince è che questa *modernità godibile* mi pare godibile più che altro per americani in vacanza, scrittori ricchi di famiglia, registi Mibac, generazioni assunte dallo Stato ai tempi della golden age del debito pubblico, dirigenti della Cgil e pochi altri. L'altra cosa che mi convince poco è che la *modernità godibile* - anche se la parola è bella -rischia di essere l’ennesima incarnazione della paura italiana della modernità (contro la quale abbiamo eretto prima il fascismo, poi il partito comunista più forte d'Occidente) ovvero della nostra passione per i suoi freni, più che per le formidabili possibilità di liberazione che offre, e per le quali varrebbe la pena rinunciare a un po' di ferie garantite e di sole.
Andrea Minuz