Hungry Hearts - Visiogeist a Venezia 71
Saverio Costanzo con Hungry Hearts ha fatto un film diretto e sornione, perfettamente nella contemporaneità e addirittura politico, raccontando la storia di una mamma ossessionata dalla purezza che vuole nutrire il suo neonato solo con pochi cibi vegetali.
Mina (Alba Rohrwacher, commovente e misurata) conosce Jude (Adam Driver, ottimo nella sua lucida razionalità) nella toilette di un ristorante cinese a New York, si innamorano (mirabile per sintesi e rapidità il racconto della love story), hanno un bambino, che nei presagi della mamma è un bambino speciale, un bambino indaco, come nel romanzo di Marco Franzoso da cui è tratto il film.
Mina ha perso la madre e non ha rapporti con il padre, per cui di fronte alla costruzione della famiglia adotta l'approccio contemporaneo di distruzione totale di tutto ciò che già esiste (l'esperienza dei medici) per ripercorrere tutto autonomamente (manuali di autoaiuto, medicine alternative, veganesimo) con conseguenze disastrose (il bambino non si nutre e rischia di morire).
Jude non riesce a intervenire per la tenerezza che la razionalità all'inizio prova quando si scontra con la follia, e Mina è determinatissima nei suoi intenti, lucida come solo la follia permette di essere.
Lo scontro viene risolto da Costanzo facendo prevalere, come sempre prevalgono, la ragione e la forza, ed è un finale assolutamente giusto, che rivendica il buon senso come antidoto alle medicine alternative, al bio e persino all'antipolitica.
Peccato che il finale, con l'accompagnamento di Modugno, sia molto gigione e furbetto, con un Costanzo che strizza l'occhio a dire "stamo un po' a scherzà", quando il film era stato condotto come un treno a 300 all'ora sul cuore.