breviario neodecadente
It is a melancholy truth that even great men have their poor relations – Charles Dickens – Bleak House, capp. XXVIII.
— Ma cosa possono contro la forza del Destino, supremo architetto di tutti i mondi, il Dio che ha creato questo, e io, il Diavolo di turno, che, poiché lo nega, lo sostiene? — Ma com’è che si può sostenere una cosa, negandola?
— È la legge della vita, signora. Il corpo vive perché si disintegra, senza disintegrarsi troppo. Se non si disintegrasse di secondo in secondo sarebbe un minerale. L’anima vive perché è perpetuamente tentata, benché resista. Tutto vive perché si oppone a qualcosa. Io sono quello a cui tutto si oppone. Ma, se io non esistessi, nulla esisterebbe, perché non ci sarebbe a cosa opporsi, come la colomba del mio discepolo Kant che, volando bene nell’aria leggera, pensa che potrebbe volare meglio nel vuoto. –
Fernando Pessoa, L’ora del diavolo.
M5S: «Credere, inoltre, che soltanto il popolo possieda ragione e intelligenza e sappia che cosa sia giusto è un presupposto pericoloso e falso, sia perché ogni fazione popolare può spacciarsi per il popolo sia perché sapere che cosa costituisca lo Stato è affare di chi abbia una cultura, non del popolo».
Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia.
Marò: «Se gli Inglesi sono aggrediti da Cinesi, se una nave da guerra si difende, ritenendosi aggredita, e un Cinese muore, i Cinesi pretendono, di regola, che l’Inglese reo di aver sparato perda la vita».
Hegel, Lezioni di filosofia della storia.
Ma i «figami» non sono solo corpi!… zotico! sono «compagne»! e i loro cinguettii, incanti e ghingheri? buon pro vi facciano! se ci avete il gusto del suicidio, incanti e cinguettii, tre ore al giorno, impiccarvi vi farà un bene boia!… lunga! corta!… sia detto senza cattiva intenzione! o passerete tutta la vecchiaia ad avercela col vostro uccello per avervi fatto perdere tanti di quegli anni a piroettare, scalpitare… fare il bello, sulle vostre zampe anteriori, su un piede, l’altro, per avere l’elemosina di un sorriso… –
Louis-Ferdinand Céline, Nord.
«Personalmente ritengo che come ogni donna dovrebbe avere il suo ginecologo di fiducia, ogni neo-decadente dovrebbe avere un fisioterapista o un ortopedico a cui non rivolgersi mai»
Sapere che non si scrive per l’altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l’inizio della scrittura. –
Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso.
Chi non ha paura del linguaggio è destinato a controllare il suo mondo e a disegnarlo a propria immagine e somiglianza.
I poveri, gli emarginati, hanno sempre paura del linguaggio e lo sentono come una cosa altrui, come un abito da dover indossare forzatamente.
Il nobile emana parola come se emanasse la propria carne.
Nel linguaggio sta la chiave di tutto: la differenza fra nobili e plebei, ricchi e poveri, io e molti.
Vincenzo Traina
Così mi bevo davvero tanto e me ne sto dunque per i cazzi miei a leggere quel che c’è sul muro, anche sul tavolaccio, incidendolo chi più chi meno. Insomma tutto un inventario colorato di auto definizioni, brandelli filosofici, slogan semiseri, invettive, quartine rime e porcate, gridi inni e slogan tutti sovrapposti gli uni agli altri e inseriti tra parola e parola a far fuori irresistibili ironie e tutto nel gergo mischiato e poliglotta della fauna stessa cioè molto italiano cencioso, molto tedesco sublime, persino gotico ahimè, molto angloamericano e parecchio slang, qualche francese da boudoir, qualche graffito arabo, sumero o indiano e persino una evidente traccia di cirillico scritta col pantone vermiglione accanto a Culo culo orgasmo del futuro. E io a leggere e mutare parole e rubar matite a tutti e graffiare anche col cagàl e far gestacci e creare, dio che sballo creativo, dio che sbornia, dio che ssssssbausciata dell’ego! –
Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini
La defecazione è il modello dell’atto della nascita. ‒
Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi, 32
L’arte, ahi, ahi, l’arte, dopo il fresco, disegnato elegante temporale estivo che fu la grazia dei Preraffaeliti, è tornata a ostinarsi nelle secche vane-illuse del sempre a capo. E la musica, financo la musica è creativa. Il teatro, dopo Nietzsche, è creativo. Il nostro attore è fastidiosamente «presente», senza esserci e senza non esserci: è creativo nel suo genere. La «critica» è ritornata a sonnecchiare in platea. Sulle scene si «pensa» e riferisce cose «pensate»; il «maschile» infuria d’attrici (e attori) donne. «O come tutto è una stordente fiera!», «questionabile», appunto.
E sai che faccio, quando, a mattina, al cesso, mi concedo pensare? Penso che «artista» e «donna» sarebbe «bello» (ché l’arte è femminile o neutra in tutt’altre lingue che la nostra) – «Vergine madre figlia del tuo figlio» –, se in questo santo cesso quotidiano depensassimo tutto, ma proprio tutto. Pensa ad un lassativo universale. Penso il pensiero che se ne va. Penso a sbrigarmi, a liberare il «bagno» dal lezzo del «creato». Il segreto – per conservarsi in forma di «tramonto» – è far presto, ché, ahimè, non so, credo che basti un attimo di troppo a far di quel bisogno un godimento al rovescio e addio per sempre, ché ti senti mamma. Maleodorante «creatura-creativa». Senti l’arte, in tal senso, che urge, si configura – stitichezza o diarrea –, s’accerta.
Carmelo Bene, Sono apparso alla Madonna
Ciò che già sappiamo: «Socrate è il primo genio della decadenza: egli contrappone l’idea alla vita, per mezzo dell’idea la giudica, la concepisce come ciò che dall’idea dev’essere giudicato, giustificato, riscattato. Esige che noi giungiamo a sentire la vita, schiacciata dal peso del negativo, come indegna di essere desiderata e sperimentata di per se stessa: Socrate è “l’uomo teoretico”, l’unico vero avversario dell’uomo tragico». ‒
Gilles Deleuze, Nietzsche e la filosofia, p. 21.
Si tratta adesso di annegare la letteratura, di portare radicalmente il discorso amoroso fuori dalla garanzia dell’autore (auctor: garante, colui che avalla), di rinunziare a ciò che io chiamo la filologia (studio degli autori, sia che ciò avvenga per la via tradizionale, sia per la via innovatrice della semiologia).
Ciò non vuol dire che allorché si anneghi la letteratura la si liquidi. Diciamo che si liquefa: essa scompare come istituzione, oggetto filologico, ma è là, non soltanto come cultura, linguaggio; vi ritorna anche come festa, pratica festiva (godibile): sotto forma dello scrivere. Quando io scrivo, il mio proprio testo (Testo Roland) è in un rapporto di sostituzione con ogni letteratura. Io posso abbandonare la letteratura come lettura e ritrovarla come scrittura. Io divengo la mia propria lettura. –
Roland Barthes, Il discorso amoroso. Seminario 1974-76.
L’hashish ha il potere di convincere la natura a concederci – meno egoisticamente – quello spreco della nostra esistenza che contrassegna l’amore. Se infatti quando siamo innamorati la natura si lascia sfuggire tra le dita la nostra esistenza, come monete d’oro che essa non può trattenere e a cui rinuncia per ottenere in cambio ciò che è appena nato, ora, senza poter sperare o potersi aspettare qualcosa, essa ci butta a piene mani nella braccia dell’esistenza. –
Walter Benjamin, Hashish a Marsiglia
Ci vogliono nervi saldi per questa vita e una buona dose di fede rivoluzionaria. È infatti un presupposto indispensabile che la rivoluzione, circondata da tanti nemici, non abbia altre possibilità di assicurare il proprio potere se non quella di sacrificare ogni individuo, se è necessario. immaginati dunque: sei steso per anni su un altare e non sei sgozzato. –
Joseph Roth, Fuga senza fine, cap. XI.
Fiat ars – pereat mundus, dice il fascismo, e, come ammette Marinetti, si aspetta dalla guerra il soddisfacimento artistico della percezione sensoriale modificata dalla tecnica. È questo, evidentemente, il compimento dell’arte per l’arte. L’umanità, che in Omero era uno spettacolo per gli dèi dell’Olimpo, ora lo è diventata per se stessa. La sua autoestraniazione ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine. Questo è il senso dell’estetizzazione della politica che il fascismo persegue. Il comunismo gli risponde con la politicizzazione dell’arte. –
Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
Quando il potere si chiama il capitale, e non il partito, la soluzione «transavanguardista» o «postmodernista» […] si dimostra essere meglio adattabile che la soluzione antimoderna. L’eclettismo è il grado zero della cultura generale contemporanea: si ascolta reggae, si guardano western, si mangia da McDonalds a mezzogiorno e cucina tipica la sera, ci si profuma parigini a Tokyo, ci si veste retrò a Hong Kong, la conoscenza è materia di giochi televisivi. Diventando kitsch, l’arte lusinga il disordine che regna nel «gusto» degli amatori. L’artista, il gallerista, il critico e il pubblico si compiacciono insieme nel qualsiasi cosa va, e l’era è quella del rilassamento. Ma questo realismo del tutto va è quello del denaro: in assenza di criteri estetici, resta possibile e utile misurare il valore delle opere in base al profitto ch’esse procurano. Tale realismo si accomoda a tutte le tendenze, come il capitale a tutti i «bisogni», a condizione che tendenze e bisogni abbiano potere d’acquisto. Quanto al gusto, non c’è bisogno d’essere delicati quando si specula o ci si distrae.
Jean-François Lyotard, Il postmodernismo spiegato ai bambini.
Checché ne pensino certi rivoluzionari, il desiderio è nella sua essenza rivoluzionario e nessuna società può sopportare una posizione di desiderio vero senza che le sue strutture di sfruttamento, d’asservimento, di gerarchia vengano compromesse. […] È dunque di importanza vitale per una società reprimere il desiderio – anzi trovar meglio della repressione, perché la repressione, la gerarchia, lo sfruttamento, l’asservimento, siano essi stessi desiderati. È assolutamente spiacevole dover dire cose così rudimentali: il desiderio non minaccia una società perché è desiderio di andare a letto con la madre, ma perché è rivoluzionario. – Gilles Deleuze – Félix Guattari, L’anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, II, 7.
Su questi problemi bisogna lavorare, insieme o soli, con competenza o con rabbia, ma bisogna lavorare. Bisogna ideologizzare, bisogna deontologizzare. Le tecniche audiovisive sono gran parte ormai del nostro mondo, ossia del mondo del neocapitalismo tecnico che va avanti, e la cui tendenza è rendere le sue tecniche, appunto, ideologiche e ontologiche; renderle tacite e irrelate; renderle abitudini; renderle forme religiose. Noi siamo degli umanisti laici, o, almeno dei platonici non misologi, dobbiamo batterci, dunque, per demistificare l’ “innocenza della tecnica”, fino all’ultimo sangue. – Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico.
Dans le monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux. – Guy Debord, La societé du spectacle, §9.
La perplessità è l’unica morale letteraria. – Antoine Companion, Il demone della teoria.
La triste verità, purtroppo, è che le poesie non hanno né presenza, né unità, né forma, né significato. […] Cosa possiede dunque o crea una poesia? Ahimè, una poesia non possiede niente e non crea niente. La sua presenza è una promessa, una parte della sostanza delle cose in cui si spera, l’evidenza di cose non viste. La sua unità sta nella buona volontà di chi legge. […] Il suo significato, infine, consiste semplicemente nel fatto che c’è, o meglio c’era, un’altra poesia. – Harold Bloom, La kabbalà e la tradizione critica.
L’arte è sempre stata borghese, consolatoria idiota, mentecatta, stupida; soprattutto è stata cialtrona e puttanesca e ruffiana. L’arte deve essere incomunicabile. L’arte deve solamente superare se stessa! Ecco perché tocca a noi – chissà a chi! -, ma a noi, una volta fuori di noi essere un capolavoro; uscire fuori dal modo, come diceva S. Juan de la Cruz, per pervenire là dove non va più modo. Quello che gli Gnostici si auspicavano, volevano e esigevano dall’informe. Mi sono spiegato? Ma non posso che cercare di spiegare il mio disagio. Eh… non altro… Non posso dare appuntamenti con il reale, con l’ovvio, col logico, con il razionale. Ecco, è questo: il Buio! spegniamo le luci! – Carmelo Bene [http://www.youtube.com/watch?v=_uCTYDrX5Rw]
Fare metafisica al di fuori del linguaggio parlato è far esprimere al linguaggio ciò che solitamente non esprime: renderne uso in una nuova, eccezionale, e inconsueta maniera; rivelare le sue possibilità per produrre uno shock fisico; dividerlo e distribuirlo attivamente nello spazio; avere a che fare con le intonazioni in modo assolutamente concreto, ristabilendo il loro potere di infrangere così come di manifestare realmente qualcosa; rivoltarsi contro il linguaggio e le sue origini bassamente utilitarie, si potrebbe dire alimentari, contro il suo principio da bestia-intrappolata; e infine, considerare il linguaggio come una forma di Incanto. – Antonine Artaud, Il teatro e il suo doppio.
Défions-nous du peuple, du bon sens, du coeur, de l’inspiration et de l’évidence. – Charles Baudelaire, Mon cœur mis à nu, XLVII, ll. 5-6.
a cura di Pietro Ingallina